14 agosto
San Massimiliano Kolbe
Nel mese di luglio del 1941 ad Oświęcim, nel campo di concentramento di Auschwitz, ci sono migliaia di prigionieri; costretti a vivere una vita di stenti, trattati da sub umani, obbligati a lavori estenuanti, vittime di violenze di ogni sorta, senza un attimo di respiro, di pace, di intimita’. I prigionieri sono sempre sotto stress psicologico, impietriti dalla paura, con lo spettro della morte sempre sotto gli occhi e nel cuore l’intimo desiderio di uscire vivi da quell’inferno per poter riabbracciare i propri cari, ognuno cercando nel proprio cuore un motivo a cui aggrapparsi, come un’ancora di salvezza per restistere e sopravvivere, per continuare a lottare e sperare.
Gli altri, gli aguzzini sono in molti, obbediscono alla legge dell’odio, imposta dal terzo Reich di Hitler, il quale ha costruito su di essa la sua forza. Sono i nazisti, gli ufficiali e i medici delle SS, i capò, gli anziani dei blocchi… a tutti loro è concesso potere, molti di essi lo usano arbitrariamente, arrogandosi il diritto di uccidere senza pietà i poveri prigionieri, anche loro sono sorvegliati e per sopravvivere nella mostruosa macchina della morte che è stata messa in funzione, devono dimostrare di essere “coraggiosi”, lì dove il coraggio è inteso come violenza, sopraffazione sull’altro, e per questo tipo di “coraggio” ricevono a cambio un premio di “buona condotta”.
La libertà per i prigionieri è una chimera, è un sogno ardito, alimentato da una tenue speranza. Chi non vorrebbe fuggire da quell’inferno? Tutti la desiderano,
ma sanno bene che non è possibile averla senza pagare un prezzo molto alto. Un uomo desidera ottenerla a qualsiasi costo, sa bene che mettera’ a rischio la sua vita e quella degli altri prigionieri, perchè chi infrange la legge del campo va incontro a una morte certa. Infatti anche lui, come gli altri ha assistito a pubbliche esecuzioni di prigionieri come ammonimento, ma il suo desiderio di vita è irresistibile, lui vuole vivere, quindi pensa, progetta, prepara la fuga. Alla fine di luglio ecco l’occasione, durante il lavoro nei campi riesce ad occultarsi dallo sguardo del capò. Verso sera quando i prigionieri rientrando al campo di Auschwitz oltrepassano il cancello a ritmo della marcetta allegra, suonata dalla banda, come la mattina vengono ricontati, ma i conti non tornano, manca un prigioniero! Scatta l’allarme, ululano le sirene, brividi di terrore scorrono lungo la schiena scheletrica dei 600 prigionieri del Blocco 14, ciascuno prega e spera che il fuggitivo sia ritrovato. Continua a leggere