Il terremoto a San Carlo


Don Giancarlo è un tipo forte, burlone, chiacchierone…Risalendo in auto dopo esserlo andato a trovare, ho pensato che sia una vera grazia per la gente di questa terra avere in questa immensa prova un uomo, un sacerdote, dalla speranza così vigorosa. Uno così è una certezza, in mezzo a tante cose che si sbriciolano.

La sua Chiesa è una delle poche della zona a non aver subito danni. L’ha fatto edificare lui a fine anni ’90. E’ una bella chiesa moderna, semplice, funzionale e quel che più importa, in questi giorni, solida. La canonica pur non avendo ricevuto offese significative dalle scosse di terremoto è comunque risultata inagibile e lui, come molti suoi parrocchiani, vive da sfollato. Non vive in tenda, ma è ospite di un parrocchiano.

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Quando, qualche giorno dopo la prima scossa di terremoto, in parrocchia abbiamo ospitato le reliquie dei Coniugi, ho pensato di destinare a quelle terre la raccolta della Messa principale. Poi, mi sono ritrovato a decidere a chi e a dove consegnarle. L’indomani la raccolta di 500 euro, Sr.Flavia mi racconta di come le sue consorelle hanno dovuto abbandonare la scuola materna di San Carlo Ferrarese, in Diocesi di Bologna. Era il segno che aspettavo. Sono partito e ho raggiunto il parroco, don Giancarlo a cui ho rivolto alcune domande:

Ci sono state fondamentalmente due grandi scosse. Una nella notte di domenica 20 maggio e una nella mattinata del 29. Immagino le abbiate sentite per bene voi che siete sostanzialmente nell’epicentro…Quali sono state le tue prime reazioni? E quali quelle della gente?

Non mi sono svegliato subito e mi è voluto un po’ a rendermi conto di quello che stava accadendo, e non sentendo cadere calcinacci sono rimasto a letto. All’ultimo botto ho pensato fosse caduto il campanile. A questo punto mi sono alzato, mi sono affacciato da una finestra: il campanile era ancora intatto, al suo posto; da un’altra finestra ho notato che anche la chiesa non presentava danni evidenti: questo mi ha molto rinfrancato. Con calma mi sono vestito e sono sceso, trovando le suore impaurite e in apprensione: temevano che fossi rimasto sotto un armadio. La gente ha reagito in maniera molto composta, sorpresa per il terremoto (perchè ci avevano sempre fatto credere che la nostra non era zona sismica), con l’animo pieno di paura e di ansia per il futuro.

Quali effetti ha avuto il terremoto sul territorio? Quali danni ha generato? Nel passare attraverso il tuo paese apparentemente non ho notato edifici crollati. Poi scopri che molte case sono soggette ad un particolare fenomeno per cui il terreno si abbassa? Puoi spiegarci questo fenomeno in modo molto semplice?

Il fenomeno che ha accompagnato il terremoto a San Carlo è quello della fuoriuscita di grande quantità di acqua e fango dal sottosuolo, accompagnato da grandi fessure che hanno squarciato alcune vie del paese, i giardini e i campi circostanti: soprattutto lungo una linea che percorre l’argine del vecchio Reno, che più di 400 anni fa passava di qui. Tutto questo ha danneggiato molte case, alcune delle quali si sono anche inclinate.

La tua Parrocchia è l’unica, insieme a quella di Castel Guelfo, in cui vivono e operano le Piccole Suore di Santa Teresa. la loro è una presenza che ormai da tempo si occupa della scuola materna parrocchiale. Quali sono le conseguenze per la scuola e per quelle famiglie?

 Come me, anche le suore hanno dovuto abbandonare la casa e sono tornate alla Casa Madre. Oltre al servizio molto prezioso per la Scuola Materna, è venuto a mancare la loro presenza che, come è stata molto utile nei primi giorni, lo sarebbe anche ora per confortare e ridare fiducia a tante persone che hanno perso un sicuro punto di riferimento.

Ora, molti dei tuoi parrocchiani vivono in una tendopoli. E tu stesso sei tra gli sfollati perchè inagibile è dichiarata la canonica. Cosa è cambiato nel rapporto con i tuoi parrocchiani in questi giorni?

 E’ un rapporto un po’ strano perché avviene nei luoghi e nelle occasioni più diverse. Il paese praticamente è spaccato in due: da una parte, il tendone e le tende degli sfollati, e dall’altra quelli che, pur avendo la casa agibile, non dormono nel loro letto, e di giorno vagano qua e là.

Il Cardinale ha scritto una lettera col cuore alle popolazioni terremotate. Una lettera che ho definito coraggiosa. Puoi sottolinearci ciò che in queste sue parole hai sentito come più aderenti alla tua esperienza? Hai avuto qualche commento da parte della gente?

 A me è piaciuta molto e ho citato qualche passaggio, sia nell’omelia della Pentecoste che ieri. Non ho avuto ancora modo di sentire commenti della gente, perché è stata distribuita solo ieri. Le riflessioni del Cardinale che mi hanno colpito di più sono: la constatazione della nostra fragilità e l’invito a sentire che l’amore del Signore non viene meno (anche ieri ce lo ha ripetuto Gesù: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo); il tragico inganno di chi ha voluto far credere all’uomo di essere onnipotente; l’invito al discernimento tra i beni che passano e i beni che restano (il primo commento generale dopo la scossa di domenica 20 è stato: siamo tutti vivi!); infine l’impegno a ricostruire vere comunità civili e a riscoprire o a riaccogliere il tesoro della fede.

 Infine, tutte le comunità attorno hanno sperimentato il crollo della chiesa parrocchiale e di altri edifici di culto. La vita cristiana e spirituale della tua parrocchia e di quelle delle parrocchie attorno è destinata a modificarsi…Quali sono gli scenari che intravvedi?

 La nostra situazione è anomala rispetto alle parrocchie vicine, che si ritrovano senza chiesa o con la chiesa inagibile per anni: si stanno molto faticosamente organizzando per riprendere qualche attività. Noi siamo tra “quei che son sospesi”, sia per l’agibilità della chiesa, che delle opere parrocchiali, che della scuola materna, sia per l’incertezza del futuro di tante famiglie che hanno perso la casa, o stanno per perderla o forse stanno per recuperarla, s

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